“L’aria di un crimine”: un “giallo” di Benet che si interroga sulle radici del male

“L’aria di un crimine”: un “giallo” di Benet che si interroga sulle radici del male




“L’aria di un crimine” di Benet (Einaudi, XX-212 pagine, 19 Euro, traduzione di Jaime Riera Rehren) è l’unico “giallo” di quello che è per molti il più grande scrittore spagnolo del Novecento; un libro  che mette in crisi i canoni del genere poliziesco esaltando nell’ambiguità la forza della letteratura. A giudizio di Javier Marías “nella letteratura di Benet non è questione di afferrare o seguire una storia terrificante e magnifica, ma di leggere, e di fare una pausa e meravigliarsi, e di continuare a leggere”. Ecco la trama: un cadavere viene trovato accanto a una fontana nella piazza del paese. Nessuno l’ha visto da vivo, nessuno sa chi sia. L’indagine sembra senza speranza, anche perché la gente di Región è abituata a parlare pochissimo e a compiere nel silenzio le proprie vendette. Una carrellata di personaggi memorabili, una lingua affascinante, da far girare la testa.
“Juan Benet, convinto che l’umanità continui ‘a essere tribale’ – scrive Elide Pittarello nella prefazione -, in “L’aria di un crimine” affida alla voce del narratore il linguaggio del numinoso che esalta l’onnipotenza dei fenomeni naturali, ostili dalla notte dei tempi a ogni forma di civiltà. Il fatto che Región stia andando in rovina, anche (ma non solo) come conseguenza della guerra civile, conferma soltanto l’andamento ciclico della storia del mondo. Il male ha radici più oscure e universali, come già temevano uno scienziato e un umanista che agli albori del XX secolo misero a soqquadro i fondamenti delle nostre conoscenze. In una lettera del 1932 Albert Einstein domanda a Sigmund Freud se ci sia un modo di liberare per sempre l’umanità dalla sventura della guerra. Piuttosto a disagio, nella sua risposta articolata Freud conclude di non avere speranze che la pulsione di morte si allenti. Con pari sgomento, Juan Benet è in allerta fin da giovane, ma non per questo capitola. Ne è prova la sua scrittura nata da un desiderio che non si acquieta, da una mancanza che di racconto in racconto rilancia il dilemma, scava, attende”.
Juan Benet è nato a Madrid nel 1927. A nove anni il padre avvocato viene fucilato dai repubblicani durante la guerra civile. Nel 1954 si laurea in ingegneria e contemporaneamente frequenta gli ambienti letterari. Dalla fine degli anni Sessanta è il punto di riferimento per un gruppo di giovani scrittori chiamati appunto “los benetianos”, fra i quali il più famoso oggi è Javier Marías. Muore a Madrid nel 1993 per un tumore al cervello. In Italia sono attualmente in commercio solo altri due suoi romanzi: “Ritornerai a Región” (Amos) e “Nella penombra” (Adelphi). Da questo “El aire de un crimen” è stato tratto un film di Antonio Isasi-Isasmendi con Francisco Rabal e Fernando Rey (1988).

Red. Cro.

Commenta con Facebook