Digitale terrestre: entro il 2020 il cambio delle frequenze, ma non serve cambiare televisore

Digitale terrestre: entro il 2020 il cambio delle frequenze, ma non serve cambiare televisore

La questione della Banda 700, oggi occupata in Italia dalla gran parte delle emittenti televisive, sembra essere arrivata al capolinea, se così si può dire, del 2020 a causa della richiesta da parte della Unione Europea di comprimere i tempi di cessione. Ma di cosa si tratta esattamente, e a chi le TV private dovranno cedere la banda?

Il digitale terrestre e la banda 700
Il digitale terrestre oggi, pur sfruttando la rete delle antenne tradizionali in alternativa alla parabola satellitare, si avvale di una banda particolarmente avanzata e veloce, a 700 Mhz di frequenza, che l’Unione Europea chiede a gran voce, da anni, venga messa a disposizione delle trasmissioni a larga banda internet di quarta e quinta generazione. Tutto ciò per agevolare la realizzazione del grande progetto delle autostrade digitali, andando però a discapito delle emittenti televisive, che dovranno accontentarsi della fetta, rimasta a loro disposizione, di soli 14 canali. A questo punto la soluzione sarà intervenire sui protocolli di compressione, scelta che costringerà emittenti ed utenti a passare al nuovo segnale televisivo: il DVB-T2. Questo porterà a modificare non solo le tecnologie di trasmissione ma anche gli apparecchi di ricezione, perché non tutti gli attuali televisori  sono in grado di ricevere e transcodificare il segnale.

Le tv di ultima generazione sono già compatibili perchè dotate di decoder DVB-T2 e di codec HEVC, uno standard di compressione video che supporta l’ultra definizione. Per chi non ne sia ancora dotato di una adesso è il momento migliore per farlo, dato che si può avere un gran risparmio acquistandola in uno shop di tv online, dove i prezzi sono bassissimi ed è possibile scegliere tra diverse marche che non sono sempre disponibili nei negozi tradizionali. Per quei televisori non compatibili, basterà comunque dotarsi di un decoder, come è successo all’arrivo del digitale terrestre di prima generazione, in modo da far diventare la propria TV un apparecchio in grado di leggere il nuovo segnale, con un costo medio intorno al centinaio di euro.

Ma in Italia si cerca di spostare i termini
Non esistendo in Italia una rete cablata in grado di consentire la distribuzione dei servizi televisivi via cavo, l’uso della rete veloce è usata massicciamente da tutte le TV, anche locali, che dovranno affrontare un impegno economico non indifferente per passare alla nuova tecnologia di trasmissione e adeguarsi alle leggi europee. Per questa ragione si sta facendo ogni sforzo per spostare al 2022 la fase di adeguamento. Oltre al problema tecnico delle televisioni il caso si pone anche rispetto ai paesi limitrofi che ricevono le trasmissioni italiane, e con i quali si dovranno modificare gli accordi già in essere che in alcuni casi scadono dodici anni più tardi. Intanto però lo sfruttamento massiccio del digitale nelle trasmissioni interattive, legate al mondo del mobile, sempre più usato da una larga fetta dei cittadini che posseggono uno smart-phone o un tablet collegato ad internet, non può che portare benefici sia al comparto produttivo e industriale, sia all’utenza, perché consentirebbe realmente di fare decollare tutto il comparto dedicato al mitico Internet veloce e realizzare quel balzo avanti che la UE chiede da anni, non solo per sbloccare una promettente fetta di mercato, ma anche per rendere reale la nuova frontiera della Comunicazione in tempo reale.

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