Crisileo: ero con Padre Ibrahim Faltas quando è scoppiata la rivolta

Crisileo: ero con Padre Ibrahim Faltas quando è scoppiata la rivolta

GERUSALEMME – Sono stato  a  Betlemme ed a Gerusalemme per una visita lampo, nei giorni scorsi, ospite del mio fraterno amico Padre Ibrahim Faltas, il francescano egiziano  noto in tutto il mondo per le sue attivita’ e le sue iniziative benefiche di pace e di solidarieta’ pro palestinesi in Terra Santa.

Ero li per il concerto internazionale di pace a Betlemme su invito del Sindaco di quella Municipalita’.

Fra Ibrahim e’ quel religioso che, di recente, e’ stato in Italia, ad Assisi per l’incontro sulla Pace; l’incontro tra  la figlia di Shimon Peres per la parte israeliana ed il Sindaco cristiano palestinese di Betlemme, Antonio Salman.

Mentre ero nella Citta’ Santa e’ arrivata improvvisa, come un fulmine a ciel sereno, la notizia che il Presidente degli Stati Uniti aveva deciso di spostare l’ambasciata da Tel  Aviv  a Gerusalemme e, di conseguenza, avveniva di fatto la proclamazione di Gerusalemme come capitale d’Israele.

Era il 6 dicembre  scorso, un mercoledi  indimendicabile che non era – e non restera’ di certo – un giorno qualsiasi. Una giornata “storica”. Pioveva!

Eravamo stati a Betlemme i giorni precedenti : erano state  splendide giornate di sole e di tranquillita’. Non aveva piovuto a Gerusalemme ed a Betlemme. Quel mercoledi invece diluviava. Forse il Cielo piangeva !

Quel clima di pace,di serenita’ che nei giorni precedenti io avevo colto sui volti dei palestinesi nel cuore della cristianita, il luogo sacro della Nativita’, stracolmo di pellegrini, provenienti da tutto il mondo, ad un tratto, oserei dire da un momento all’altro, scomparve sul viso di tutti. Un alone di tristezza, di preoccupazione e di angoscia cadde all’improvviso dall’alto, su tutti (noi compreso) quando,  con un comunicato radio, l’Autorita’ Palestinese rendeva noto che venivano proclamati tre giorni, per cosi dire, di “collera nazionale” contro la decisione del Presidente Trump. Quella mattina, mi ricordo – non lo potro’ dimenticare – mi recai in visita, come programmato, alla Scuola  della Custodia di Terra Santa (che, fondata nel lontano 1645, accoglie oltre ottocento studenti, tra piccoli e grandi, dalla materna alle superiori) il cui direttore, da oltre un anno,  e’ proprio Padre Ibrahim.

Sebbene piovesse a dirotto (Il Cielo – ripeto- mi sembrava piangere! ) assistetti, nel grande cortile del complesso scolastico, alla cerimonia del raduno degli studenti e poi mi recai con il direttore e con gli insegnanti a visitare alcune classi della scuola elementare  intenti a fare lezione.

Di seguito ci spostammo nella sala conferenza del complesso scolastico situato all’interno del Convento di San Salvatore. Ero stato invitato a tenere un breve intervento ai ragazzi delle scuole superiori sulla solidarieta’ come delegato dell’Associazione Aglaia sulla sacralita’ della vita. Ma subito mi accorsi che una indescrivibile paura e tristezza era calata anche sul volto  di quei bambini cristiani e musulmani che condividevano la stessa scuola, gestita esclusivamente dai religiosi francescani e finanziata dalla Custodia di Terra Santa. I bambini mi accolsero con entusiasmo e cantarono subito, in segno di gioia, una canzone in uno scorrevole italiano. Ricordo che essi, nel cantare, alzavano e tendevano le loro manine verso di me, in segno di richiesta di amorevole aiuto. Parlando con alcuni insegnanti, molti dei quali palestinesi, raccolsi le loro preoccupazioni e le loro angosce. Con taluni di essi che non parlavano la lingua inglese mi forniva ausilio  da interprete lo stesso Padre Ibrahim (che simultaneamente traduceva  dall’arabo in italiano).

Le angosce di quelle persone, mi spiegava il religioso, erano il frutto  della decisione del Presidente statunitense a causa della quale sicuramente sarebbe svanito un sogno di una pace duratura e sarebbe derivato una situazione catastrofica indescrivibile.

Quel sogno, quel desiderio che  essi rincorrevano da una vita e che si trasmetteva da padre in figlio era destinato a scomparire, ad essere soppresso, soffocato, annientato, annullato.

Ed avevano ragione quegli insegnanti ! Di li a poco, nel percorso di ritorno, ebbi modo di vedere il formarsi di cortei di proteste che, piano piano, assumevano dimensioni sempre piu’ consistenti. Da semplici cortei di proteste -soffocate dai soldati –  si trasformavano in rivolte e poi in scontri armati con morti e feriti.

Gerusalemme, come scrisse in un suo libro Fouad Twal, il Patriarca Latino Emerito, il predecessore dell’attuale Patriarca Pierbattista Pizzaballa, e’ la Capitale dell’Umanita’: questo mi sottolineo’ piu’ volte Padre Ibrahim mentre mi accompagnava e mi raccontava tante storie di poverta’ e di

miserie del popolo palestinese che veniva aiutato solo dai francescani. Egli  mi preannunzio’ che la decisione del Presidente Trump sarebbe stata la causa di una nuova intifada; egli che nel 2002 aveva vissuto, in prima persona, insieme con l’attuale sindaco  di Betlemme, Antonio Salman, la seconda intifada quando, in quel periodo, rimase “rinchiuso”nella Chiesa della Nativita’,con tantissimi palestinesi assediati da carri armati israeliani per oltre quaranta giorni. Oggi che io sono tornati qui a casa da due giorni, appena rientrato,  e vedo il telegiornale, mentre i cronisti da Gerusalemme e da Betlemme parlano di suoni di sirene, di scontri tra palestinesi ed  israeliani, di morti, di centinaia di feriti, non solo nella zona storicamente critica come Gaza, ma addirittura nella Citta’ della Nativita’ e nella Citta’ Santa debbo riconoscere   che Padre Ibrahim e’ stato profetico quando mi ha parlato di una possibile terza intifada. Perche’ purtroppo cosi e’! E allibito ed attonito continuo a vedere in televisione riprese  in diretta che mi lasciano senza parole.

E intanto penso ai tanti pellegrini che sono ancora li; molti erano nella  mia stessa foresteria francescana, la “Casa Nova di Gerusalemme”.

Mi ricordo, ad esempio,  di una dentista spagnola, una tale Margarita, che ho conosciuta, nei giorni scorsi, li, al suo trentaseiesimo viaggio a Gerusalemme che, due volte l’anno, come lei mi  disse, portava gruppi di pellegrini in Terra Santa (soprattutto anziani, malati e sofferenti).

Piu’ di cinquanta persone erano con lei. Li ho visti io, erano appena arrivati quando io sono andato via.

Ed ora chissa’ che angoscia stanno provando quelle persone sofferenti ed anziane. Ma speriamo che presto, attraverso il dialogo, si capira’ davvero che Gerusalemme non solo e’ la Citta’ Santa, ma e’ la Capitale dell’Umanita’ per eccellenza come ha ben scritto Fouad Twal.

 

avv. Raffaele Gaetano Crisileo

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