Centrale a biomasse: lo “sviluppo insostenibile” prospettato dal sindaco Caparco e da Martino

Centrale a biomasse: lo “sviluppo insostenibile” prospettato dal sindaco Caparco e da Martino

CALVI R. – Bisognerebbe spiegare al sindaco Caparco e al suo assessore Martino che siamo nel 2013, il muro di Berlino è crollato già ventiquattro anni fa e il postmoderno imperversa. Diversamente saremo costretti a sorbirci ancora tutta l’apologia del mondo che fu, da parte dei due attempati amministratori che alla web tv “Kronos”, parlando della centrale a biomasse che Iavazzi vorrebbe portare a Calvi Risorta, sostenevano modelli di sviluppo di quarant’anni fa. Il buon Martino, con la sua faccia paciosa e una insospettabile ingenuità, ci ha messo tanto impegno per spiegare che, quando si parla di posti di lavoro, si può mettere da parte anche la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini. Per convincere il povero presentatore (il bravo Stefano Peccerillo), ha tirato fuori – addirittura – mirabili esempi moderni di insediamenti industriali: la Pozzi, la Vavid e la cava Moccia. Un revival del paleolitico, frutto di una visione miope che stride con la realtà e con concetti come lo “sviluppo sostenibile”.

La solfa di Martino – come in ogni occasione – è accordata perfettamente a quella di Caparco, il sindaco che accusa i giornalisti di poca professionalità (li chiama “giornalai”), ma che da “amministratore modello” sfoggia una forma comunicativa degna del miglior Biscardi. Siccome il nostro territorio, sistematicamente prostituito agli speculatori di turno e alla camorra, non è stato ancora abbastanza martirizzato, il ruspante primo cittadino continua a dire peste e corna di chi si oppone al “salutare” progetto. Così i comitati sono definiti estremisti e il sindaco di Pignataro non può essere un interlocutore perché è “un personaggio che vede camorra ovunque” (come se Caparco vivesse nel paradiso terrestre).

Nella visione dei due inseparabili amministratori, l’area che ospita l’Antica Cales, il Castello Aragonese e la cattedrale di “San Casto”, val bene un impianto per il trattamento dei rifiuti. Insomma, hanno confuso quelle che potrebbero essere le reali e naturali vocazioni del territorio (ad esempio lo sfruttamento delle tipicità culturali e il turismo), con quella vocazione malsana che la lobby nata nel consorzio dei rifiuti Ce4 attribuiva – in modo criminale – al territorio (la monnezza). Evidentemente i due affabili omoni avranno equivocato lo slogan “dalla monnezza alla bellezza”. Questa genialata di realpolitick “all’amatriciana”, per l’ennesima volta, dimostra che le responsabilità della arretratezza di questo Paese non sono delle classi politiche, sicuramente impreparate e inette, ma di chi continua a dargli fiducia.

da http://davidedestavolanews.myblog.it/

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