Beni confiscati, Salvatore Minieri: Non si è ben capito se nella nostra città alligni o meno il fenomeno mafioso

Beni confiscati, Salvatore Minieri: Non si è ben capito se nella nostra città alligni o meno il fenomeno mafioso

PIGNATARO M. – “Sono mesi che notiamo stranezze sospette della cronaca quando si deve parlare di Pignataro Maggiore, soprattutto quando si cerca di fare il punto, cogente e concreto, su un argomento delicato come la riconversione dei beni sottratti alla camorra. Ogni volta che questa squadra di governo affonda le mani in responsabilità sulle quali altri hanno avuto persino paura di appoggiarle, inizia una sospetta onda di messaggi mediatici, nemmeno tanto velati, che mira a screditare ogni lavoro fatto in tema di riconversione sociale dei beni sottratti ai clan dalla Giunta Cuccaro. Non si è ben capito se nella nostra città alligni o meno il fenomeno mafioso”.

È un fiume in piena Salvatore Minieri, il portavoce del sindaco e professionista molto addentro alle questioni amministrative, proprio per la sua vicinanza a Raimondo Cuccaro. Non si capacita degli attacchi che periodicamente prendono di mira l’Amministrazione comunale di Pignataro Maggiore sulla delicata questione della riconversione dei beni confiscati. Argomento scivoloso e complicato, su cui l’ex primo cittadino Giorgio Magliocca ci ha perso la libertà (temporaneamente) e la carriera politica, e che oggi è diventato argomento utile per criticare la maggioranza consiliare.

Da che cosa nascono i dubbi in merito alla presenza mafiosa in paese? Dopo tante inchieste, ci sono ancora perplessità in merito?

“Abbiamo letto risibili articoli di feste con presenze camorristiche di questa amministrazione, ma poi, quando si è registrato un evento riferibile chiaramente all’attività intimidatoria delle consorterie criminali, è stato adombrato sugli stessi giornali, che gli incendi ai terreni confiscati ai Nuvoletta altro non fossero che casi fortuiti. Qualche tempo fa, i terreni confiscati (100 ettari di uliveti) a Gaetano Sansone, l’uomo che ripulì il covo di Totò Riina appena dopo l’arresto, venivano puntualmente mangiati dalle fiamme quando il comune di Partanna doveva rinnovare l’affidamento a Libera, come testimoniò con coraggio Salvatore Inguì, responsabile della sede trapanese dell’associazione presieduta da don Luigi Ciotti. Stessa cosa si registrò sui 33 ettari confiscati al clan Nuvoletta a Pignataro Maggiore: fiamme ad ogni inizio di raccolto, con disagi drammatici per la cooperativa “Le Terre di Don Peppe Diana” (del circuito Libera) che ancora oggi li gestisce”.

Parla dell’atteggiamento dei media. Adottano due pesi e due misure?

“La differenza mediatica è stata tanto preoccupante, quanto indicativa del trattamento sospetto che viene riservato sempre all’Amministrazione Cuccaro: lo stesso giornale, infatti, parlò di grave atto intimidatorio per l’incendio sui terreni gestiti in Sicilia da Libera e, nel caso dei roghi di Pignataro, sollevò un pateracchio giornalistico per cercare di diluire la responsabilità della camorra locale. Con un’ironia sospetta, addirittura, si tentò di insinuare il dubbio che quegli incendi venissero appiccati da ben altre mani per incolpare le consorterie malavitose della zona”.

Questa è una sola circostanza, perché fa riferimento ad un atteggiamento? C’è altro?

“In giro si trova qualche notizia che porta la cooperativa Icaro di Gabriele Capitelli su altari da Pantheon della legalità. Un altro episodio, questo di Icaro, strano e sospetto: sul presidente della cooperativa, Gabriele Capitelli, c’è la richiesta a sei anni di reclusione per reati con aggravante mafiosa. Ma questo non è stato evidenziato dagli articolisti, anzi: il tutto è sembrato scientemente sottaciuto. Con cadenza quotidiana sentiamo e leggiamo notizie timbrate da un’imprecisione e da una faciloneria davvero imbarazzanti. Per Pignataro si invocano misure draconiane e tempi record per la riqualificazione degli immobili sottratti alla camorra. Credo sia un sintomo innegabile di scarsa documentazione giornalistica”.

Secondo lei alcuni media utilizzerebbero chi ha mal gestito i beni confiscati e i ritardi delle istituzioni, per attaccare l’Amministrazione comunale? Il nuovo esecutivo non ha responsabilità sul tema?

“Basterebbe fare due telefonate e comprare qualche giornale che riporti fatti avvenuti oltre il bivio di Pignataro, per sapere che i tempi sono lunghi in tutta Italia: clamoroso in questa scia è l’esempio di Suvignano di Siena, dove dalla confisca di un bene (una tenuta sequestrata per la prima volta già nel lontano 1983 da Giovanni Falcone al costruttore palermitano Vincenzo Piazza, sospettato di essere referente di Cosa Nostra in area toscana) alla consegna sono trascorsi ben 18 anni. Ritardi e procedure lente che attanagliano gran parte degli 11.238 immobili confiscati. Per non parlare delle 1700 aziende sottratte alle attività criminali: nove su 10, purtroppo, falliscono. Un 90% di passivo che mette l’intero sistema della confisca e del riutilizzo in seria difficoltà. I report ufficiali diffondono cifre allarmanti: 3995 immobili da destinare, 907 dei quali non ancora assegnati”.

Perché i fari di questa parte dell’informazione sarebbero puntati soltanto su Pignataro, nonostante responsabilità da ricercare altrove?

“Si spinge mediaticamente solo su Pignataro e la sua Amministrazione per ottenere qualcosa che personalmente mi sfugge, anche se qualche sospetto inizia a prendere forma. Si blatera e si sbraita contro il sindaco da mattina a sera per la riconversione dei beni sottratti alla camorra, ma nessuno legge le statistiche che parlano di Cuccaro come sindaco a capo di un gruppo che ha saputo agire, con decisione e velocità, dove altri hanno perso tempo per anni. Nessuno andrà a leggersi i report delle grandi associazioni come Libera sul decreto Lavoro approvato prima di Ferragosto che, nonostante gli 80 milioni da distribuire in tre anni per ristrutturare gli immobili confiscati, non assicurerà la totale ripresa del comparto.  Proprio qualche giorno fa, Davide Pati ha detto che la creazione dell’Agenzia Nazionale per i Beni confiscati, è ancora orfana degli strumenti necessari all’operatività piena e, nella stessa intervista, ha paragonato il momento storico del settore a un chirurgo che c’è, ma non ha il bisturi per operare. E Davide Pati non è certo un assessore di Cuccaro, ma uno dei più importanti responsabili nazionali per i beni confiscati alle mafie per l’associazione Libera”.

Red.

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